venerdì 6 novembre 2015

Diritto #1

Diritto alla felicità
Appuntamento col diritto numero 1!!!
Da aspirante avvocato quale sono vorrei provare a creare questi “appuntamenti” col diritto per poter scrivere delle norme più belle o delle più assurde che i legislatori hanno emanato nella storia.
Oggi riporto l’introduzione alla  Dichiarazione di Indipendenza americana del 4 luglio 1776, la quale vuole essere una forte rivendicazione dei diritti naturali garantiti a ciascun individuo; si trova qui scritto:
“ A tutti gli uomini è riconosciuto il diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità”.
Per diritti naturali si intendono quei diritti che spettano all’uomo in quanto uomo, che discendono dalla sua stessa natura e non necessitano del loro riconoscimento da parte dello Stato: in parole poverissime sono quei diritti che ci spettano a prescindere da tutto, dallo Stato in cui ci troviamo, dalla cittadinanza che abbiamo, ci spettano. Punto.
E nella loro Dichiarazione di Indipendenza gli americani hanno voluto subito chiarire e specificare e sottolineare e evidenziare e mettere un limite a tutte le norme che potranno essere emanate successivamente: sempre lo Stato riconoscerà e tutelerà i diritti dell’uomo alla VITA, LIBERTA’ e RICERCA DELLA FELICITA’; questi diritti saranno sempre la priorità, nessuno potrà mai dettare leggi che “cozzino” con questi.

Norma che negli anni è stata amata, amatissima e nello stesso tempo oggetto di tantissime critiche: se è voluto attribuirle la funzione di potente strumento di controllo delle masse; o ancora che già per come è scritta è chiara la fregatura: il solo concetto di ricerca della felicità è errato perché si presume che nello stato attuale non la si possa possedere, ma che occorra intraprendere un viaggio, che porterà a cosa? Perchè, è stato ancora criticato, la norma non fornisce un concetto chiaro e universale di felicità: c’è chi la confonde con il piacere, chi con uno status sociale, chi con la stabilità economica. Quindi riassumendo le critiche: è stata fornita una norma che afferma che lo Stato ci riconosce l'inviolabile diritto a cercare la felicità, ma non ci dice cosa dobbiamo cercare, cosa ci è concesso cercare, fino a che punto cercare.

E poi ci sono idealisti e romanticoni come me, innamorati di leggi e Stati che parlano di vita, felicità, sentimenti e non solo di oggettiva concretezza, di distaccata materialità, di quanto mi è consentito costruire il mio muro vicino al confine con il terreno di un altro; e noi vediamo in leggi così amabili quella che speriamo sia la vera natura dell’uomo: quell’uomo che sa usare il cuore anche per governare uno Stato.
- S

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